ELOGIO DELLA BIODIVERSITÀ. RECENSIONE AL DIALOGO TRA MANCUSO E PETRINI

Leave a Comment


di Marta Frana
 
Nato dalla trascrizione di un dialogo avvenuto presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Biodiversi è un testo breve ed immediato ma nient’affatto superficiale.
I due autori riflettono su una serie di tematiche la cui urgenza, oggi colta ancora da pochi, andrà imponendosi nell’immediato futuro. 
Se dovessimo individuare un fil rouge di tutta la conversazione, lo troveremmo forse nell’idea del recupero di un’etica di cura e custodia della natura contro quell’atteggiamento di bramosia produttivistica e di guadagno che caratterizza l’odierno paradigma di produzione. Quest’idea fondamentale anima la critica di Mancuso all’ambiente scientifico, dove la natura è ancora vista come un oggetto distaccato, “altro” e neutrale rispetto allo scienziato-padrone, ed anima anche la denuncia di Petrini per l’applicazione del libero scambio alle derrate alimentari vincolate, in questo modo, da un giogo che permette ai prodotti ottenuti su scala industriale che arrivano da fuori a un prezzo più basso, per motivi sociali, economici, di sfruttamento, e in alcuni casi anche di manipolazione genetica di schiacciare le economie locali e le realtà sociali ad esse collegate. Emerge dalle parole di entrambi la necessità di pensare ad un’agricoltura meno industriale, al ritorno di un agricoltore-contadino capace di prendersi veramente cura del territorio in cui vive e produce, poiché sa che da esso dipende: “Perché tutte le chiacchiere sulla questione della sostenibilità potrebbero essere ridotte a un concetto fondamentale: l’agricoltore non ha alcun interesse a esaurire le risorse che gli danno sostentamento. (…) Gli agricoltori hanno scolpito nel DNA la conservazione delle risorse”.
Il capitolo intitolato Biodiversità: una vera ecologia della vita è, a mio parere, quello più scioccante. Qui Mancuso ci rivela cosa significhi, in pratica, la riduzione della biodiversità: “vuol dire, semplicemente, che ci stiamo esponendo a rischi inutili”, rischi che “anche nella storia recente dell’umanità, hanno provocato enormi disastri”. La nostra alimentazione, infatti, si basa su di un numero molto ridotto di piante; rispetto alle decine di migliaia di specie edibili, noi ci affidiamo solo ad una trentina di esse per soddisfare il nostro bisogno calorico! Tra queste, “il 60% delle calorie che il mondo consuma proviene da sole tre piante. Tre specie soltanto”, grano, riso e mais. Questo ci rende molto vulnerabili: “affidare la nostra alimentazione ad un numero ristretto di genotipi ci lascia alla mercé delle patologie vegetali”; se una qualunque malattia attaccasse le tre specie su cui abbiamo costruito tutto il nostro regime alimentare, le conseguenze sarebbero disastrose, come lo furono in Irlanda fra il 1845 e il 1849, quando la peronospora distrusse la quasi totalità dei raccolti di patate, l’unica specie su cui la popolazione basava la propria alimentazione.
Ma non è finita qui: la biodiversità vegetale ci garantisce anche un’inesauribile fonte di medicinali. I farmaci di oggi, infatti, sono ricavati quasi totalmente dalle piante. Dunque, di fronte alla deforestazione che avanza dovremmo chiederci: “cosa c’era in questa specie che ci sarebbe potuto servire?”. Non lo sapremo mai. Mancuso continua l’elogio delle piante ricordando il loro servizio di purificazione dell’aria, tramite la fissazione di Co2, la loro utilità nel contrastare i dissesti idrogeologici, ecc.
Insomma, da questo vivace dialogo emerge il tentativo di fornire un abbozzo per il racconto di una nuova umanità, più consapevole delle proprie radici naturali e, dunque, più responsabile nei confronti delle relazioni che regolano quell’equilibrio naturale di cui anch’essa fa parte. Recidere o intaccare queste relazioni si rivela imprudente, in quanto può condurre ad un disequilibrio le cui conseguenze ci sono pressoché sconosciute: “e poiché una grande biodiversità poggia su complesse relazioni fra piante e animali, basta che un singolo anello della catena scompaia perché la loro assenza, direttamente o indirettamente, determini l’estinzione di numerose altre specie”. 


Mi piacerebbe concludere con una osservazione, forse un pò scomoda: per rispettare la biodiversità (animale e vegetale che sia) sembra che essa debba risultare utile ai nostri occhi, classificabile sotto una qualche etichetta della nostra rubrica dei bisogni. Ma mi chiedo: saremmo in grado di difendere la biodiversità per il semplice fatto che essa è la casa di altre centinaia di migliaia di specie, le quali hanno il diritto di abitare la Terra tanto quanto noi? Una risposta a questa domanda non è certo semplice, sopratutto per le conseguenze pratiche a cui porterebbe, ma credo che in essa si concentri la svolta verso un’umanità davvero nuova, i cui contorni sono ancora tutti da pensare.
 

(Biodiversi, S. Mancuso, C. Petrini, Giunti, Firenze 2015)

0 commenti:

Posta un commento

Powered by Blogger.