IL CANE E IL BAMBINO SECONDO VOLTAIRE

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Proponiamo ora un passo delle Lettere filosofiche di Voltaire, tratto dal testo di Luisella Battaglia Alle origini dell’etica ambientale. Uomo, natura, animali in Voltaire, Michelet, Thoreau, Gandhi (Dedalo, 2002).È interessante leggere come il filosofo, dopo aver paragonato lo sviluppo di un bambino e di tre animali appena nati, metta in discussione l’idea che l’essere umano possieda delle particolarità esclusive, tali da renderlo superiore al resto del vivente. Al contrario, come scrive la Battaglia, emerge una certa “omogeneità di struttura tra coscienza umana e animale”.

Seguiamo dunque la storia del piccolo, senza fermarci alle fantasie dei filosofi.
Il giorno in cui la madre lo ha partorito sono nati, nella stessa casa, un cane, un gatto e un canarino. Alla fine di tre mesi insegno un minuetto al canarino, nel giro di un anno e mezzo faccio del cane un cacciatore eccellente, il gatto, alla fine di sei settimane, fa già tutti i suoi giri e il bimbo dopo quattro anni non fa un bel nulla. Io, uomo comune, testimone di questa prodigiosa differenza e che non ho mai visto bimbi, credo sulle prime che il cane, il gatto e il canarino siano creature assai intelligenti e che il bambino sia un automa. Tuttavia, a poco a poco, mi accorgo che questo bimbo ha anch’egli idee, memoria, le stesse passioni degli animali e allora ammetto che anch’egli è, come loro, una creatura ragionevole. (…)
Il bimbo mi comunica differenti idee attraverso alcune parole che ha appreso, allo stesso modo in cui il mio cane mi fa esattamente conoscere i suoi diversi bisogni. Mi accorgo che all’età di sei, sette anni il bimbo combina nel suo piccolo cervello quasi tante idee quanto il mio cane da caccia nel suo. Infine raggiunge con gli anni un numero infinito di conoscenze. Allora, cosa devo pensare di lui? Lo crederò di una natura assolutamente differente? No, senza dubbio; voi infatti che vedete, da un lato, un imbecille, dall’altro Newton, pretendete tuttavia che siano della stessa natura: io devo pretendere, a maggior ragione, che il mio cane e il mio bambino siano, in fondo, della stessa specie, e che non ci sia della differenza che dal più al meno(p. 62 – 63)

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