Seguiamo dunque la storia del piccolo, senza fermarci alle fantasie dei filosofi. Il giorno in cui la madre lo ha partorito sono nati, nella stessa casa, un cane, un gatto e un canarino. Alla fine di tre mesi insegno un minuetto al canarino, nel giro di un anno e mezzo faccio del cane un cacciatore eccellente, il gatto, alla fine di sei settimane, fa già tutti i suoi giri e il bimbo dopo quattro anni non fa un bel nulla. Io, uomo comune, testimone di questa prodigiosa differenza e che non ho mai visto bimbi, credo sulle prime che il cane, il gatto e il canarino siano creature assai intelligenti e che il bambino sia un automa. Tuttavia, a poco a poco, mi accorgo che questo bimbo ha anch’egli idee, memoria, le stesse passioni degli animali e allora ammetto che anch’egli è, come loro, una creatura ragionevole. (…)
Il bimbo mi comunica differenti idee attraverso alcune parole che ha
appreso, allo stesso modo in cui il mio
cane mi fa esattamente conoscere i suoi diversi bisogni. Mi accorgo che
all’età di sei, sette anni il bimbo combina nel suo piccolo cervello quasi
tante idee quanto il mio cane da caccia nel suo. Infine raggiunge con gli anni un numero infinito di conoscenze.
Allora, cosa devo pensare di lui? Lo
crederò di una natura assolutamente differente? No, senza dubbio; voi
infatti che vedete, da un lato, un imbecille, dall’altro Newton, pretendete
tuttavia che siano della stessa natura: io devo pretendere, a maggior ragione, che il mio cane e il mio
bambino siano, in fondo, della
stessa specie, e che non ci sia della differenza che dal più al meno. (p. 62 – 63)
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