ETICA E DARWINISMO: QUALE RAPPORTO?

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di Marta Frana

Poiché l’evoluzionismo è un forte sostegno a gran parte delle teorie animaliste, le quali vedono in esso il supporto teorico e la chiave empirica per il rinnovamento morale richiesto, credo sia necessario chiarire un aspetto importante legato proprio alla possibilità di applicare la teoria dell’evoluzione ad un contesto etico.

È importante sottolineare quanto segue: scoprire di far parte del mondo naturale, nel senso stringente della teoria evolutiva, non significa per noi essere obbligati a guardare alla natura come ad una fonte normativa. Gli effetti morali del darwinismo non si traducono in una biologizzazione dell’etica – come molti detrattori dell’animalismo vogliono farci credere – quanto in una revisione del nostro posto nel mondo. Il rapporto fra etica ed evoluzione ha creato un vivace dibattito, riassunto dal filosofo americano James Rachels in due filoni: la tesi fondamentalista, per la quale il darwinismo sarebbe pericoloso perché mina i valori tradizionali; e la tesi evoluzionistica, secondo cui il darwinismo è scienza e dunque priva di implicazioni morali. Tuttavia Rachels suggerisce una terza posizione:

Quando le linee vengono tracciate in questo modo, risulta difficile prendere sul serio la possibilità che la teoria di Darwin abbia conseguenze morali – e in particolare l’idea che essa mini la moralità tradizionale – senza dar l’impressione di schierarsi con i nemici dell’evoluzione. L’esito è che, nei circoli intellettuali, viene di solito considerato segno di atteggiamento illuminato il ritenere che il darwinismo non abbia implicazioni per l’etica. Si è così persa nella nebbia una terza soluzione: che la teoria darwiniana sia incompatibile con la moralità tradizionale, e fornisca dunque una ragione per respingere tale moralità e sostituirla con qualcosa di meglio. (…) Il fatto di abbandonare l’idea che la vita umana abbia un’importanza speciale non ci lascia moralmente alla deriva – prospetta soltanto la necessità di un diverso ancoraggio.
(J. Rachels, Creati dagli animali, pp. 5–7)

Se dunque la nostra specie è il risultato di una serie di eventi casuali, imparentata con le altre, non unica nel possedere “istituzioni” sociali e approccio razionale, come possiamo sostenere l’unicità e sacralità della vita umana su tutte le altre? Ciò, lo ripetiamo, non significa sminuire gli esseri umani ma averne una più chiara e veritiera immagine, libera sia da una falsa metafisica secondo cui l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, sia dall’idealizzazione illuminista per cui l’uomo è l’unico animale razionale.

La posizione di Rachels e, con lui, di chi si occupa di applicazioni etiche del darwinismo, sembrerebbe incorrere nel divieto della 'legge di Hume', poiché deriverebbe valutazioni morali da una tesi fattuale sulla storia della vita sulla Terra. Tuttavia egli mostra come una conoscenza nuova sul mondo dei fatti possa legittimamente minare dei valori qualora tolga a questi ultimi le ragioni che li rendono credibili. Se il valore, in questo caso l’idea della dignità umana, deriva da determinati assunti (religiosi e secolari), allora tale dottrina può modificarsi col venir meno degli assunti su cui si fondava, sarebbe a dire a seguito della dimostrazione dell’implausibilità del racconto religioso sulle origini e dell’idea che l’uomo sia l’esclusivo possessore di un certa razionalità. (Cfr. ivi, Prefazione di P. Cavalieri).

Spiegata in questi termini, la mossa di utilizzare l’evoluzionismo per un aggiornamento dell’etica non ci sembra violare il divieto di derivare valori dai fatti. Essa, semmai, ci spinge a rivalutare le credenze sul mondo e, conseguentemente, i principi etici che da queste sono stati derivati. È doveroso notare che la teoria darwiniana può prestarsi anche ad altre interpretazioni, quali ad esempio quelle che vedono nella selezione naturale un atteggiamento di competizione brutale, oppure la possibilità di un pensiero strumentale per il quale gli animali, proprio perché simili a noi, possono essere utilizzati per qualsiasi esperimento che potrebbe portare benefici all’uomo.

Tuttavia si è più volte indicata la causa della distruzione ecologica proprio in una certa forma di utilitarismo economico dell’effetto immediato, dello sfruttamento senza limiti, di cui la strumentalizzazione animale è un esempio. Perciò, nonostante il pensiero utilitaristico possa a sua volta far leva sulla teoria darwiniana, per le conseguenze problematiche cui giunge è preferibile optare per un’altra forma di pensiero, anch’essa deducibile dal darwinismo, basata su una visione del mondo che sappia maggiormente garantire quell’equilibrio adatto alla vita.

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