Ripubblichiamo un bell'articolo di
Anacleto Verrecchia, filosofo, giornalista e naturalista, comparso su La
Stampa, l'8 settembre 1986.
L’uomo non è il solo ad avere una
vita interiore soggettiva.
Einstein diceva che è più facile
spezzare un atomo che un luogo comune. Chi mai riuscirà a
spezzare il luogo comune che nega agli animali non solo l’intelligenza, ma
anche la capacità di soffrire o di amare? Dinanzi al commovente episodio
del gorilla che accarezza il bambino caduto nella sua gabbia non si sa fare
altro che parlare di istinto, come se le scimmie fossero degli automatismi per
la salvaguardia dei ragazzini sbadati. E se nella gabbia fosse caduto un
adulto, per esempio un teologo o un filosofo dell’istinto, il gorilla si
sarebbe comportato in maniera altrettanto gentile?
Ho conversato a lungo, su questi argomenti, con Konrad Lorenz, padre dell’etologia moderna. Alla domanda se anche gli animali siano consapevoli, con il tono passionale e affascinante che lo distingue, risponde: “Nessuna persona seria dovrebbe dubitare di questo. Sono pienamente convinto, dico pienamente, che gli animali hanno una coscienza. L’uomo non è il solo ad avere una vita interiore soggettiva”. E aggiunge che l’uomo è troppo presuntuoso, troppo preso di sé. Naturalmente, dice ancora il grande scienziato, il fatto che gli animali abbiano una coscienza “solleva dei problemi”. Forse l’uomo ha paura di fare altri passi in questa logica: riconoscendo una vita interiore agli animali, sarebbe costretto a inorridire per il modo con cui li tratta.
Lorenz mi ha parlato anche
dell’infallibilità con cui gli animali
conoscono subito le intenzioni di chi sta loro di fronte. Ma non c’è
bisogno di scomodare tanta autorità, per commentare l’episodio del gorilla in
questione. Solo una mente rozza o malata di dogmatismi, potrebbe dubitare delle
buone intenzioni dell’animale. E i cani di Vienna, compresi quelli di Lorenz,
non sono mai minacciosi per istinto o perché capiscono che la gente li ama e
non farebbe loro mai del male?
In fondo l’etologia va
confermando quello che Giordano Bruno aveva intuito con il suo genio
filosofico, e cioè che tutti gli esseri viventi sono fenomeni diversi di
un’unica sostanza universale. Traggono dalla stessa radice metafisica e la
loro differenza è quantitativa non qualitativa o, per usare il linguaggio di
Kant, fenomenica non noumenica. L’intelletto, che
serve a intuire la relazione delle cose tra di loro, è comune, sia pure
proporzionato ai bisogni, a tutti gli esseri viventi. Questo insegnano i
grandi pensatori, a incominciare da Schopenhauer, e
questo sostiene, in ultima analisi, Lorenz.
Sarebbe pura cecità considerare
l’uomo come qualche cosa di completamente avulso dal resto del regno animale. La scoperta che gli animali
mentono - per esempio i gracchi alpini e corallini, ma Lorenz mi ha parlato
anche di altri animali - e quindi sono capaci di astrazione ha fatto cadere
perfino il dogma che solo l’uomo avesse la facoltà di riflettere in abstracto.
La filosofia occidentale è troppo
impregnata di teologia. Lo riconosceva perfino Nietzsche, che pure parlava e predicava come
un prete capovolto. Il male è già
all’inizio: “Crescete
e moltiplicatevi, e popolate la terra,
ed assoggettatevela, e signoreggiate i pesci del mare e i volatili del
cielo, e tutti gli animali che si muovono sulla terra.” Signoreggiate, cioè
opprimete, tormentate e uccidete tutti gli altri esseri viventi: parla
così, un Dio? E non poteva anche risparmiarsi queste parole, dopo aver creato un
essere malvagio come l’uomo? Lorenz, sia pure
dopo una disamina di carattere storico, definisce “satanico” un
simile comandamento.
Quale penoso contrasto con le
sublimi parole che Buddha
rivolse al suo
cavallo quando lo lasciò libero: “Và! Anche tu, un
giorno, sei destinato al nirvana”.
Questo episodio faceva tremare di
commozione Schopenhauer e Wagner, ma non impressiona
minimamente la corteccia cerebrale dei nostri filosofi-teologi. A loro è più
congeniale Cartesio, che considerava gli animali delle semplici macchine.
Vicino a Lorenz si respira meglio sia scientificamente che moralmente. Proprio perché ha scandagliato come nessun altro la vita interiore degli animali, sa anche quale responsabilità morale questo comporti…
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