GIORGIO ISRAEL CONTRO LO SCIENTISMO

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di Giulio Sapori

Giorgio Israel, matematico, storico della scienza e studioso del pensiero ebraico, ha scritto un libro polemico nei confronti di quella che sempre più sembra essere la forma che sta prendendo il sapere scientifico all’interno della nostra società, una forma – sostiene l’autore - nemica della stessa scienza.
Il libro Chi sono i nemici della scienza? (Lindau, 2008) - concentrandosi sull’aspetto educativo e divulgativo della scienza - è un’indagine su quella malattia della conoscenza che prende il nome di scientismo.
 
Chi sono, dunque, i nemici della scienza? Ve ne sono fondamentalmente di due tipi: gli antiscientifici, coloro che ritengono la verità scientifica come opinione tra le altre; gli scientisti, nemici interni alla scienza, più nascosti e insidiosi.

Chi sono gli scientisti? Sono coloro che hanno fatto della razionalità una religione e dichiarano eretici e “nemici della scienza, oscurantisti, tutti coloro che non seguono ciecamente i dettami della nuova religione”.

L’unica verità è quella scientifica, che ha una forza pari a quella teologica, durante il Medioevo. Richiamandosi alle cose scritte da George Steiner ne La Nostalgia dell'assoluto, Israel considera lo scientismo una teologia sostitutiva, un sistema mitopoietico che ha cercato di riempire il vuoto religioso, apertosi nella metà dell’Ottocento.
 
Gli scientisti sono ‘cattolici’, cioè ‘universalisti’ nel senso vero della parola: universalisti della razionalità. Vi è in loro quasi “l’ossessione di difendere la scienza come fosse una verginella assediata”, bollando gli scienziati eretici con l’indifferenza e i non scientisti con la condanna di irrazionalismo.

L’autore distingue anche due forme di scientismo: l'assolutista, per il quale non c'è verità fuori da quella scientifica (Odifreddi, Boncinelli); e il relativista, per il quale la scienza non è l’unico sapere vero anche se poi è contro una limitazione etica della ricerca (Giorello). Entrambi, quindi, condividono la fede nella giustezza della scienza, in maniera più o meno perentoria.

Cos’è scienza per l’autore? La scienza è, essenzialmente, un’impresa conoscitiva, culturale. Di più: una visione critica della realtà in grado di produrre, in alcuni campi, previsioni. Non è un semplice raccolta di fatti, ma un'organizzazione di determinati fatti per sostenere determinate teorie. E queste sono sempre storiche, motivo per cui “coloro che prendono come rivelazione divina ciò che ‘dicono gli scienziati’ oggi e dimenticano ciò che questi sacerdoti hanno detto ieri sono fanatici della scienza”. Fanatici perché non guardano alla dimensione umana della ricerca scientifica.

Un altro problema della ricerca è il suo ridursi sempre più a tecnica manipolativa, burocratica e standardizzata, e una certa passione vacua per la mediaticità (la cosiddetta Harry Potter's Science): molto spettacolare ma poco proficua per i progressi umani.

Molti dicono che scienza è 'metodo scientifico'. In verità, questa impresa conoscitiva ha collezionato, durante la sua storia, molti metodi: non esiste IL metodo scientifico, come spesso ci viene raccontato dagli ‘addetti ai lavori’ ma, come diceva il matematico e filosofo René Thom, “il metodo sperimentale è diverso per le diverse scienze e per i diversi laboratori”.

L’ultimo capitolo è una collezione di articoli di divulgazione scientifica che Israel passa al setaccio, criticandone la forma spettacolarizzante che presenta le scoperte come fossero qualcosa di magico e astratto, senza che si indichi la visione complessiva che muove le varie ricerche. Un modus operandi alquanto nichilistico. Nichilismo è quando “manca lo scopo. Manca la risposta al perché?”, secondo le parole di Nietzsche. L'idea che passa è che non dobbiamo pensare ai fini ma apprendere e 'sostenere la ricerca': questo è l’orizzonte in cui si muove la scienza.

Un libro che fa scendere dal piedistallo gli adepti della scienza pura, indicando quella parentela - troppo spesso rimossa – tra sapere scientifico, religioso e filosofico. Una parentela che invece andrebbe rivalutata, soprattutto nell’insegnamento scolastico e universitario, per mostrare come vi siano diversi approcci al reale, non necessariamente in conflitto tra loro.

Le critiche dell'autore sono giuste ma poco profonde, non toccano infatti le radici ‘umane-troppo-umane’ del sapere come segmentazione tecno-linguistica del reale, per meglio dominarlo e non guarda neanche alla volontà di potenza che lo anima.

Lo scopo di Israel è, insomma, una critica alla didattica della scienza, più che una critica epistemologica radicale. Va contro la trasmissione del sapere scientifico e l'ontologia materialista e nichilista che diffonde, con la sua pretesa universalista: una critica anche giustificata, soprattutto nelle sue versioni più volgarizzate, ma che non apre ad concezione veramente diversa della scienza.

Oggi, invece, quello di cui si ha bisogno sarebbe proprio una visione rinnovata della scienza, posta all'interno di finalità etiche, volte a riparare i danni profondi causati proprio dall'idolatria del sapere tecnico-scientifico, sapere più efficiente degli altri, ma non per questo più vero.
Un libro sicuramente utile, anche se poco 'visionario'.

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