GLI INTELLETTUALI SONO ESTINTI? ALCUNI APPUNTI

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di Giulio Sapori

“Il mestiere di un intellettuale consiste nel pensare per rimediare alle cose che non funzionano, che non sono adatte all'epoca in cui vive, e nell'elaborare una cultura che più conviene all'umanità e al suo divenire.
Ciò implica conoscenze ma anche capacità creative e un atteggiamento etico fatto di disinteresse personale e di preoccupazione per il mondo, per gli altri”
Luce Irigaray (in Alfabeta 2, n.3 ottobre 2010)

Che fine hanno fatto gli intellettuali?
Una domanda che ritorna molto spesso, tanto da diventare il titolo anche di un
 libro-intervista di Enzo Traverso, dove è analizzata la storia di questa figura.

Una prima considerazione da fare è che, dopo la stagione d'oro degli anni '60 e '70, la figura di intellettuale si è sempre più sbiadita, fino a essere relegata, per usare l'espressione di Asor Rosa, in un “grande silenzio”.

Zygmunt Bauman, in un libro di qualche anno fa, ne ha delineato la decadenza: da legislatori a interpreti.
E oggi gli interpreti non si distinguono più dagli storyteller, dai narratori e dagli intrattenitori.

Ma perché questa 'caduta'? La principale causa del declino è forse stata l'idea che 
la storia fosse finita, la possibilità di qualcosa di diverso dalla società capitalistica, abolita.
Nello stesso periodo cambiavano anche i mezzi di comunicazione: da quelli scritti, più propri alla riflessione, a quelli visivi, più persuasivi e immediati.
Se vogliamo proprio dare una data del passaggio di stato possiamo dire il 1989, con la caduta del muro di Berlino, anticipazione della caduta dell'URSS, come possibilità di un diverso modo di organizzare la società.

Questo significa che l'intellettuale critico non si è estinto come un brontosauro - secondo l'immagine di Asor Rosa - ma è stato, più prosaicamente, silenziato dall'ideologia dominante e dai media 'immediati'.

L'intellettuale moderno, come molti sanno, nasce alla fine dell'Ottocento con l'affaire Dreyfus. Nasce con la società borghese, di mercato, quando si forma quello 'spazio pubblico' intermedio tra società civile e Stato, grazie alla diffusione della stampa e alla formazione dell'opinione pubblica. Proprio per questo, il Novecento è ritenuto “il secolo degli intellettuali”. Ma, aggiungiamo, anche del loro declino.

Storicamente, la figura di intellettuale ha oscillato tra due poli: l'intellettuale puro, privo di passioni politiche, à la Julien Benda e l’intellettuale organico, partigiano, à la Antonio Gramsci.

Giudicare e criticare il Potere. Dire la verità, in nome di ciò che è giusto e contro l'indifferenza. Questa dovrebbe essere la funzione dell'intellettualeCon Potere ovviamente non intendiamo la possibilità di fare cose, ma la capacità di opprimerereprimere, pur concedendo spazi di libertà.

Nelle parole di Edward Said: "È lo spirito di opposizione, non di compromesso, che mi prende, perché l'avventura, l'interesse, la sfida della vita intellettuale va cercata nel dissenso rispetto allo status quo" (Dire la verità. Gli intellettuali e il potere, Feltrinelli, 2014, p. 16).

Essere intellettuale è diverso da svolgerne la funzione. Come diceva Gramsci, tutti siamo intellettuali in quanto esplichiamo “
una qualche attività intellettuale” e contribuiamo “a sostenere o a modificare una concezione del mondo”.

Essere intellettuale e basta quindi non significa granché, come non significa granché essere specialisti visto che questi sono, perlopiù, “addetti all'oppressione” cooptati dal Potere.
La maggior parte degli intellettuali si configura come
frazione dominata della classe dominante” (Pierre Bourdieu). In sostanza, pur godendo di una posizione di privilegio sociale (quindi dominante), in quanto salariati gli intellettuali sono sottomessi (quindi dominati) da chi gestisce il capitale e i mezzi di informazione, che detiene effettivamente il Potere.

Di contro, la funzione intellettuale deve basarsi sull'autonomia. E si contrappone tanto alla funzione del comunicatore, quanto a quella dell'esperto, del tecnico. Non le nega ma le muta qualitativamente: a differenza di quella del comunicatore, è legata alla verità e, a differenza quella dell'esperto, sa che la verità implica sempre una domanda di senso, una domanda sullo stare al mondo


Ma è possibile essere autonomi rispetto al Potere? Domanda da un milione di dollari. Un'autonomia totale è da escludere, ma non un'autonomia relativa.
La salvezza della loro funzione starà allora proprio nel vivere ai margini: diventare scarti, rifiuti, parte dei senza parte.
Ecco la mutazione positiva: da fari - elettrificati per lo più dal capitale - a rifiuti, indigeribili per l'organizzazione sociale attuale, ma fecondi per un'altra società. Rifiuti organici. Questo significa oggi ridiventare intellettuali organici.

2 commenti:

  1. condivido interamente il ragionamento
    davvero una bella riflessione
    io sono sulla strada del ridiventare intellettuale organico

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